Abbiamo barattato la privacy e i nostri dati per delle comodità

Negli scorsi mesi ho iniziato il mio un percorso di degooglizzazione (1 e 2) volto a limitare l’utilizzo delle applicazioni e servizi Google nella mia vita digitale. Nel corso di questi mesi, durante la mia ricerca di servizi analoghi a quelli di Big G, mi sono reso conto che le grandi aziende della tecnologia hanno preso piede sfruttando la nostra pigrizia.

Nell’era digitale, la convenienza è diventata un’esca potente, spingendoci a scambiare quotidianamente i nostri dati personali per servizi facilitati. Tuttavia, questa apparente innocuità nasconde una realtà preoccupante: gran parte della nostra identità è ora archiviata su server altrui, e una volta che i dati trapelano, l’esposizione è permanente e irreversibile. Le grandi aziende investono in psicologi per ideare modi sempre più astuti per convincerci a cedere le nostre libertà civili in nome della convenienza.

La convenienza sta dunque uccidendo il nostro diritto alla privacy?

La raccolta onnipresente dei dati da parte di Google

Ogni dispositivo nelle nostre vite, in particolare gli smartphone, è silenziosamente impegnato nella raccolta di dati, trasformandoli in veri e propri strumenti di tracciamento. Il gigante tecnologico Google, fondato nel 1998, è diventato un pilastro della nostra quotidianità, accumulando una quantità immensa di dati attraverso la sua vasta gamma di servizi.

  • Google Maps sa costantemente dove ci troviamo, suggerisce percorsi basandosi sulla nostra posizione e quella di altri utenti, ci invita a lasciare recensioni e deduce il nostro mezzo di trasporto. Traccia i nostri spostamenti in tempo reale, creando un registro dettagliato dei nostri movimenti anche quando l’app non è attiva.
  • Gli smartphone Android, che dominano il mercato globale, inviano a Google una vasta gamma di dati, inclusi informazioni sulle app utilizzate, la durata delle sessioni, le chiamate e persino dati biometrici.
  • Il motore di ricerca Google registra ogni nostra query, la posizione, l’orario, il dispositivo e il comportamento successivo, come i link cliccati. Contrariamente a quanto si pensa, Google ha ammesso di tracciare gli utenti anche in modalità di navigazione in incognito tramite Chrome.
  • Gmail analizza il contenuto delle nostre email per funzionalità come il filtro spam, e sebbene Google affermi di non usare più i contenuti per annunci personalizzati, i dati vengono comunque raccolti per migliorare i servizi. Inoltre, Gmail conserva le chiavi di decifrazione dei nostri dati sugli stessi server dei messaggi, consentendo a Google di leggere le email o consegnarle alle autorità.
  • YouTube registra ogni video guardato nella nostra cronologia per creare profili di interesse e suggerire contenuti personalizzati, oltre che per scopi pubblicitari.
  • Google AdSense, il servizio di banner pubblicitari di Google, sfrutta i dati di profilazione raccolti da tutti questi servizi per offrire pubblicità mirate, estremamente rilevanti e persuasive.

Noi utilizziamo questi servizi perché ci fa comodo. Un esempio è la mobilità. Prima di Google Maps la gente, quando doveva andare in un posto nuovo, doveva documentarsi prima chiedendo a qualche amico o parente. O magari si arrivava bene o male nella zona e si chiedeva al primo passante di poter avere le indicazioni per l’ufficio, il negozio, l’hotel o lo studio medico dove volevamo andare. Pochi erano quelli dotati di navigatore GPS. Ora si digita il luogo su Google Maps e affini e veniamo guidati nel posto. Il contrappeso? Google utilizza i nostri dati di navigazione per migliorare e personalizzare i propri servizi, come la ricerca e Maps, e per offrire annunci pertinenti.

Ma la raccolta di dati non si limita solo ai servizi Google

Meta (con Facebook, Instagram, WhatsApp e Threads) e Yandex si è recentemente scoperto che hanno abusato di protocolli Internet legittimi per de-anonimizzare gli utenti Android, aggirando le protezioni della privacy attraverso tracker incorporati in milioni di siti web, che intercettano gli identificatori di navigazione web e li collegano agli account utente nelle rispettive app native. La pratica, iniziata da Yandex nel 2017 e da Meta nel 2023, sfrutta la capacità dei browser di comunicare con le app locali tramite porte non controllate su Android.

Per non parlare dello scandalo Facebook-Cambridge Analytica, uno dei maggiori scandali politici avvenuti all’inizio del 2018, quando fu rivelato che Cambridge Analytica aveva raccolto i dati personali di 87 milioni di account Facebook senza il loro consenso e li aveva usati per scopi di propaganda politica.

Questi sono soltanto due esempi, ma ne possiamo trovare a decine.

Veniamo tracciati anche facendo la spesa

Anche fare la spesa, al giorno d’oggi, è diventata una fonte di raccolta dati. Alzi la mano chi non ha almeno una tessera di un supermercato di un negozio di abbigliamento o elettronica.

Praticamente ogni supermercato e moltissimi negozi di altro tipo offrono agli utenti la possibilità di registrarsi per ottenere una tessera punti da utilizzare per avere sconti e collezionare premi. Ne abbiamo a decine nei nostri portafogli e come app nei nostri smartphone e le usiamo regolarmente, attratti dai “grandi” vantaggi offerti, che poi grandi non sono e si traducono in finti sconti.

Ma vi siete mai soffermati a pensare quali dati stiamo dando alle grandi catene di supermercati? Grazie alle tessere punti possono creare un profilo dei clienti, per sesso, età e disponibilità economica. Noi gli diciamo costantemente quante volte andiamo a fare la spesa, quali sono i nostri prodotti preferiti, la nostra capacità economica di acquisto, e, se siamo donne, possono dedurre se abbiamo o meno le mestruazioni in quel periodo oppure no semplicemente deducendolo dall’acquisto o meno di assorbenti.

Noi continuiamo a farci tessere premi dei negozi perché, nella nostra mente, pensiamo che il negozio o il brand tengono a noi e vogliono farci risparmiare, quando in realtà il loro scopo è quello di tracciarci e sapere quanto più possibile su di noi, e magari guadagnando condividendo con terzi tali dati.

Smartwatch, smartband e sportwatch

Smartwatch, smartband e sportwatch sono strumenti sempre più diffusi, sia fra sportivi che fra gente comune.

Con questi strumenti noi barattiamo comodità effimere per la trasmissione costante dei nostri dati biometrici ai vari produttori. Diamo informazioni sul movimento, sui nostri spostamenti con il GPS, sulla nostra ossigenazione sanguigna, sulle nostre abitudini di sonno, sulla temperatura corporea, sui battiti cardiaci e, in alcuni modelli, anche i tracciati di ECG. Una enormità di dati personali e sensibili che i produttori possono condividere anche con terzi.

Dati che vengono usati

Le ramificazioni della sorveglianza e delle violazioni dei dati

Le conseguenze di questa massiva raccolta di dati sono molteplici e gravi:

  • Esposizione permanente: Una volta che i dati personali vengono violati, non c’è modo di recuperarli. Alcuni utenti hanno partecipato a numerose class action a causa di data breach.
  • Perdita di controllo sull’identità: I nostri dati non sono solo informazioni, ma riflettono la nostra identità e personalità.
  • Sorveglianza pervasiva: Non è solo una questione di dispositivi e servizi online. In Italia ci sono circa 1,45 telecamere di videosorveglianza ogni 10 abitanti, e questo numero è in costante aumento. La quantità specifica di telecamere che possiamo incontrare uscendo di casa dipende, ovviamente. dal luogo in cui ci troviamo. In una grande città saremo maggiormente esposti rispetto ad un paesino di provincia, ma saremo comunque costantemente esposti a telecamere pubbliche e private. Nemmeno nei condomini siamo più al sicuro, con i video spioncini costantemente connessi ad internet che trasmettono i nostri dati su server dislocati per il mondo.
  • Manipolazione e dipendenza: Le aziende ci rendono “dipendenti” da sistemi di punti e “karma”, e spesso mentono sulla cancellazione degli account, continuando a conservare i dati.
  • Rischi futuri con l’IA: L’addestramento di modelli di Large Language Model (LLM) su informazioni private potrebbe portare le aziende di intelligenza artificiale e le grandi aziende tecnologiche a conoscere le nostre scelte future prima ancora che ci pensiamo. Può sembrare fantascienza (qualcuno ha detto Minority Report?) ma non lo è. Il governo del Regno Unito sta sviluppando un programma di “previsione degli omicidi” che spera di poter utilizzare i dati personali delle persone note alle autorità per identificare le persone con maggiori probabilità di diventare assassini.
  • Compromissione di altri diritti: La convenienza sta uccidendo più che la semplice privacy, come dimostrano le condizioni di lavoro orribili nei centri di smistamento di Amazon per garantire consegne veloci, o i pagamenti irrisori agli artisti da parte di servizi di streaming musicale come Spotify.

Come riprendere il controllo: Il Movimento DeGoogle e Strategie Pro-Privacy

Come fare per arginare la mare? Di fronte a questa realtà, sempre più persone, come me, stanno cercando di riprendere il controllo sulla propria privacy, abbracciando il movimento “DeGoogle”, che incoraggia l’abbandono dei prodotti Google in favore di servizi più rispettosi della privacy. Questo processo, sebbene difficile, specialmente per servizi come YouTube che offrono visibilità unica, è considerato necessario da molti.

Ecco alcune strategie e strumenti consigliati per migliorare la privacy:

  • Metodi analogici: Tornare a metodi analogici, come prendere appunti su un quaderno o stampare le foto migliori anziché caricarne migliaia sul cloud, offre una privacy del 100%. Oltre al fatto che diciamocelo,
  • Strumenti “privacy-first”:
    • Email: Servizi come Proton Mail e Tuta Mail offrono email crittografate end-to-end, piani gratuiti e assenza di pubblicità, garantendo che nemmeno il provider possa leggere il contenuto delle mail. Proton offre anche un pacchetto completo con VPN, drive e password manager.
    • Browser web: Firefox, potenziato da estensioni come uBlock Origin e Privacy Badger (della EFF), è raccomandato per contrastare il tracciamento. Brave, basato su Chromium, integra blocchi per pubblicità, tracciamento e malware.
    • Motori di ricerca: DuckDuckGo utilizza i dati di Bing ma non traccia gli utenti. Brave Search è un motore indipendente, privato e anonimo. Altre alternative includono StartPage e Qwant.
    • Mappe: OsmAnd e Maps.me sono alternative open source a Google Maps, basate su OpenStreetMap. OsmAnd offre una versione base gratuita e funzionalità aggiuntive a pagamento. Maps.me è gratuito e graficamente curato, ma raccoglie alcuni dati di utilizzo.
    • Cloud storage: Proton Drive e Nextcloud (che può essere auto-ospitato o su istanze fornite da servizi come Allsync) sono valide alternative a Google Drive.
    • Autenticazione: Utilizzare l’autenticazione a due fattori (2FA), preferendo app di autenticazione o passkey rispetto a SMS o email.
    • Gestione dati: Utilizzare alias email unici per ogni account e password uniche. Servizi come Incogni possono inviare richieste di rimozione dati ai data broker.
    • Pagamenti: Usare carte di debito uniche per ogni commerciante online (come con getsequence.io).
    • Foto e note: Archiviare foto su servizi come Ente e note su Cryptee per mantenere il controllo.
    • VPN: Utilizzare una VPN come NordVPN per mascherare la propria posizione.
  • Modifica delle impostazioni esistenti: Anche se non si abbandonano completamente i servizi invasivi, è possibile mitigarne l’impatto. Ad esempio, disattivare la cronologia delle posizioni di Google per ridurre il bombardamento di annunci mirati. Spesso, le impostazioni per la privacy sono disabilitate di default e richiedono di “scavare” tra pagine di configurazione confuse.
  • Front-end di terze parti: Per alcuni servizi, come YouTube, è possibile utilizzare front-end di terze parti che consentono l’accesso senza effettuare il login e preservano la privacy.
  • Iniziative innovative: Gruppi come la “Authenticity Alliance” stanno lavorando per creare “domini di autenticità” online con sistemi di identità verificata e “Quiet Enjoyment Infrastructure” per combattere phishing e frodi, rendendo internet un luogo più sicuro.
  • Consapevolezza: Essere consapevoli di ciò che si sta cedendo è fondamentale.

In sintesi, la privacy assoluta e l’anonimato sono quasi impossibili se si utilizza qualsiasi cosa connessa a Internet. Tuttavia, ogni individuo può scegliere il proprio equilibrio tra privacy e convenienza e decidere quanto spingere per proteggere i propri dati. Il costo della convenienza è ormai considerato troppo elevato da molti, e dobbiamo agire per mitigare il problema e spingere i nostri governanti a legiferare in materia per proteggere il nostro diritto alla privacy.

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